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Tu che in mente colpisti un dì, 
il cuore, ed il pensiero,
quando ancor fanciulla, 
i tuoi rintocchi udivo; ora mi fermo,
a te io penso, campana mia, 
fino ai miei vent'anni, tutti i dì, 
passavo a salutarti;
ancoro piccina ero, la mamma, ogni domenica 
da te, lei mi portava, 
le preghiere con pazienza mi insegnava;
ora nel dormiveglia, io ti ascolto, 
i tuoi rintocchi, ancora sento, 
forse dal vento trasportati,
col volo dei gabbiani,
da me son arrivati. 

La Pasqua gran ricordo: 
con il vestito nuovo, e le scarpette bianche 
per quella grande festa, 
da mamma, comperate: 
quel giorno tanto intenso,
dall'alba, tu suonavi, 
per ricordare al mondo,
che Cristo era risorto;
allor nessun dimenticava ì
un evento tanto grande, 
ora al tuo ricordo, 
ancora mi commuovo, 
per strade polverose, 
dai primi tuoi rintocchi, 
fedeli d'ogni età, a piedi o in bicicletta, 
a te giungean tutti; 
la Chiesa poverella, per me assai bella, 
di gente traboccava, 
perfino sul sagrato, per ascoltare il coro 
di giovani fanciulle, apposta preparato. 

A fine della Messa, con il rientro a casa,
ancor da lontano, un profumo, si sentiva, 
dall'uscio di ogni casa, l'odore del bollito, 
di prepotenza usciva: 
quel cibo, allora raro, 
nelle feste più importanti, si poteva avere, 
mica non piacesse, era solo caro.

Campana mia, tanti anni son passati, 
ora son qui, a (ricordarti) 
i tuoi rintocchi, come allora, più non fai sentire
tu e la Chiesetta, vi vedo tanto sole, 
vi abbiam tutte lasciate, se gli occhi voi aveste 
come me or piangeste, la strada della vita,
da voi mi allontanò, 
però vi penso sempre, non vi potrò scordare, 
la giovinezza mia insieme abbiam vissuto 
ciò che qui imparai, nello scrigno del mio 
cuore, io conservai, 
la casa mia è ormai lontana vi porto 
dentro me, sono Anna.  

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